Umberto Mucè
Umberto Mucè (Palermo, 1952), vive a Scandicci.
A 2 anni la Poliomielite, in forma grave, gli impone definitivamente la sedia a rotelle. A 16 si trasferisce a Firenze completa gli studi e si laurea in ingegneria elettronica.
Negli anni giovanili è un divoratore di poesie, attratto dalla poetica del pessimismo cosmico Leopardiano, passando agli altri poeti dell’800/‘900 italiano, ai poeti francesi, fra ‘800 e ‘900 quali Baudelaire, Lamartine, Verlaine …. Prèvert, che legge direttamente in lingua originale, a Lorca e Neruda .... Da allora, pur non essendo un poeta compulsivo, anche per ragioni professionali che ne distolgono il pensiero, ne scrive a sua volta.
Dopo aver lavorato nell'industria, termina la carriera lavorativa come insegnante di Informatica Industriale presso l’I.T.I.S. A. Meucci di Firenze.

Umberto Mucè, con gli amici: da sx Adolfo Straziati, Ornella Schinelli, Michele Favino. Domenica 16/10/2016 C/o Sala Consiliare "Orazio Barbieri" del Comune di Scandicci - Centro dell'Arte Vito Frazzi - Un poeta prima del Concerto!
Primavera
Hai acceso d’improvviso
la segreta e irripetibile
primavera del mio giardino
affollata di immagini
suoni e profumi antichi
della terra mia selvaggia
e sanguinante, che vive così
forse solo nei ricordi miei
di fanciullo inconsapevole
Sono fioriti gli aranceti
e i limoneti che stordiscono
di zagare e frastuono di cicale
l’andare dell’anima mia
rasente muri di tufo a secco
fregiati dal cappero selvaggio
È fiorito il gelsomino
che inebria l’aria del tramonto
d’intense striature profumate
mentre i cani si rispondono
latrando da misteriose lontananze
Si è placato oltre gli agrumeti
il mare dopo lo scirocco
e sconfina in un cielo caldo
come la tua presenza
È sgorgata fresca una fonte
allegra e dissetante
accanto al mio maestoso
selvaggio e mai potato ulivo
e zampilla dal tuo cuore
non più avaro e reticente
Ha il sapore delle tue labbra
delicate e generose
mentre sveli alle mie
il tuo splendido segreto.
Variazioni climatico-politiche
Schiudo gli occhi ancora assonnato
e un gabbiano, alto e solitario,
attraversa il mio specchio di cielo
Frattanto qualcuno ha spalmato
volute di panna che dal profilo
del mio ombrellone straborda
e il vento teso e freddo che dianzi,
impedendomi la vertigine
di uno SPREAD in rapida ascesa
e di un PIL a picco
– Montagne Russe dell’economia,
sprimacciava selvaggio il mio giornale,
ora le sfilaccia e sospinge
occludendo il ristoro agognato
di una pur breve finestra di sole
È luglio e la penisola affonda
sotto il fango di un clima da monsone
e più ancora nel fangoso rigurgito
di ecumeniche cloache politiche1
dissipatrici di speranza